Les Beatitudes


Il tema dell’evento 2015 FedeArteaTrieste evoca un messaggio molto conosciuto del Nuovo Testamento, dove il Cristo si rivolge ai Suoi discepoli riuniti in circolo intorno a Lui  nonché alla folla che si raccoglie ogni volta che Egli compare.

Questo momento ricco di ispirazione per il cuore umano, perché evoca le Beatitudini, è meglio conosciuto con il nome di « Discorso della montagna » che ha ispirato numerosi artisti nel corso dei secoli. Stranamente, questo tema è stato assai poco rappresentato nella storia dell’iconografia bizantina e slava : al di fuori di un’icona russa del XVII secolo, oggi esposta alla Galleria Tretiakov di Mosca, non sono a conoscenza di altri esempi importanti. Mi sono quindi rivolta alle miniature medioevali, arte sacra per eccellenza, che si diffonde in Occidente dal V secolo, con la caduta dell’Impero Romano, fino al XVI secolo, quando la stampa si sostituisce alle mani del copista e del miniatore. Un’arte tutta finezza che, come indicato dallo stesso nome, serviva a mettere in luce il testo illustrato dalla miniatura, spesso su fondo di foglia d’oro, che doveva rappresentare simbolicamente il riflesso della luce divina.

 

L’arte delle miniature, oggi, non presenta le caratteristiche di una tecnica sorpassata, limitandosi ad essere una semplice copia conforme della riproduzione di una singola miniatura. Al contrario, ispirandosi a manoscritti d’epoca e di stili diversi, il miniaturista contemporaneo porta una nuova visione su questo lavoro delicato e complesso : offre una interpretazione rinnovata, rivisitata, di una verità eterna, proponendo delle composizioni di libera interpretazione, che al tempo stesso rispettano, con tutto il rigore voluto, i canoni stabiliti e le regole della Sezione Aurea della composizione, unitamente all’intera simbologia propria dell’universo delle miniature.

Pertanto ho scelto una miniatura a piena pagina tratta dall’opera di teologia morale che s’intitola   La Somme du Roi, un manoscritto francese datato 1279, attualmente conservato alla Biblioteca Mazarina a Parigi (con il codice ms 0870 f.064v). È a richiesta di Filippo III l’Ardito, di cui era il confessore, che padre Lorenzo, un domenicano, compone nel 1279 questo manuale chiamato, con riferimento al suo committente reale, La Somme du Roi. Molto diffuso (più di 80 copie manuscritte) e tradotto in provenzale, fiammingo, catalano, spagnolo ed italiano, La Somme du Roi esercito’ una profonda influenza sulla letteratura didattica ed ascetica alla fine del Medio Evo. L’esemplare conservato a Parigi con le sue lettere ornate, le sue quindici miniature a piena pagina su pergamena, fu copiato nel 1295 da Stefano di Montbéliard e decorato da un allievo del grande maestro miniaturista parigino dell’epoca, il Maestro Honoré, che illustro’ lo splendido esemplare della Somme du Roi attualmente conservato al British Museum di Londra.

La composizione che ho scelto di realizzare su una tavola gessata con culla  in legno di tiglio, come per l’icona, presenta un formato più grande della miniatura originale su pergamena, ma         di questa ultima conserva la geometria sacra sottostante al disegno riprodotto sulla tavola, il cui contorno è stato precedentemente dorato alla foglia d’oro giallo. Il fondo della mia miniatura su tavola è stato dorato alla foglia d’oro luna ed inciso per simbolizzare la luce divina che emana della persona di Cristo. Questo contrasto armonioso tra le due tonalità – l’oro giallo eclatante come il sole, simbolo del Divino che inquadra la scena, e l’oro luna opalescente come l’astro dello stesso nome, che riceve tutta la sua luminosità dal sole – rinvia alla Parola di Dio, immutabile ed eterna, ed al suo messaggero su terra, la Santa Chiesa, riflesso talora assai pallido della grandezza divina.

Dal momento che la miniatura originale riportava una didascalia «Come Nostro Signore parla ai Suoi discepoli sulla montagna» ho voluto farne un adattamento moderno dividendo la tavola in due parti, riservando a quella inferiore un quarto della superficie totale, per l’iscrizione della sesta Beatitudine : « Beati i Puri di cuore, perché vedranno Dio ». Ho ripreso soltanto la prima parte di questa al fine di permettere a chi la guarda, di lasciare il seguito del messaggio risuonare liberamente nel suo cuore. Ho utilizzato il carattere della Quadrata Romana per far risultare queste parole come se fossero scolpite nella pietra della montagna. Qui, il discorso del Cristo, solido ed atemporale come la roccia, è simbolizzato dall’ampiezza della montagna che occupa l’intero spazio della miniatura, al punto di ricoprire anche il quadro inferiore dove appaiono queste parole di saggezza. Non ho mantenuto la tonalità oscura della montagna nell’originale, ma la ho sostituita con delle sfumature di ocre molto luminose che presentano una perfetta complementarietà con la tonalità degli abiti dei personaggi. Questa montagna che serve di sfondo alla figura di Cristo e che fa da zoccolo ai personnaggi, sembra altressi essere un soffio potente che attraversa tutta la scena collegandone i differenti elementi: il mondo celeste in alto con il mondo terrestre in basso, il circolo serrato degli Apostoli e la folla più dispersa dei devoti intorno alla figura maestosa di Cristo in  cima alla montagna.

La trama simbolica della miniatura appare anche nella scelta dei colori, che sono sempre dei pigmenti naturali e storici, lavorati a tempera. Per il Cristo, la porpora, segno di regalità, ed il blu profondo, simbolo di divinità, esprimono la Sua duplice natura in un’ unica Persona. Questi due colori sono in seguito distribuiti tra gli apostoli, alcuni vestiti di blu ed altri di porpora, indicando in tal modo che essi sono molto vicini al loro Maestro ma ancora nella dualità. Viceversa, per la folla, più distante dal Signore che rivolge i Suoi insegnamenti dalla cima della montagna, ho scelto dei toni più sobri, meno eclatanti, più terrestri, come il blu Charon, il rosso oscuro ed il grigio. Al fine di creare un’unità tra le tre sfere – Cristo, Apostoli e folla- ho aggiunto un tocco di rosso vermiglio, simbolo del sangue che è Vita e che circola nelle nostre vene, per gli abiti appena visibili sotto le cappe ed i mantelli dei personnaggi come pure negli interni delle vesti del Cristo.

Questa trama simbolica si ritrova anche nelle espressioni facciali e nella gestualità dei personnaggi, secondo un linguaggio molto codificato. Il Cristo tiene la Sua mano sinistra aperta, in segno di dono, mentre il pollice e l’indice eretti della Sua mano destra sono estremamente lunghi, simbolo dell’ insegnamento  che sta dando sulla montagna. I visi degli apostoli, che formano un mezzo cerchio ordinato, traducono una concentrazione estrema verso l’insegnamento del Maestro e la mano dell’apostolo principale, Pietro, è aperta e tesa in segno di accettazione. Al contrario, nella folla seduta in modo alquanto indisciplinato, le espressioni sono molto più emotive e disparate : si vede della distrazione, del rimorso, dello spavento, del dubbio, insieme a dell’innocenza per i più giovani e della serenità per la giovane monaca seduta a destra e vestita di grigio.

La scena è ammirevolmente costruita dal suo autore perché porta il nostro sguardo dalla base allargata del triangolo sottostante al disegno originale, con la folla disparata e gesticolante, verso i due lati del triangolo con i due gruppi di apostoli concentrati e tranquilli, il cui sguardo ci eleva verso la figura di Cristo seduto sulla cima della montagna, vertice di questo triangolo invisibile. Allo stesso tempo, questo movimento dello sguardo si accompagna ad un’elevazione impercettibile della nostra anima che si stacca poco a poco dai movimenti della nostra sfera psichica per concentrarsi sulla Luce, fonte di Vita eterna, che brilla nel più profondo del nostro Essere.